mercoledì 8 aprile 2009

Lost 5

«Lost», sfida tra Fede e Ragione

E' una del­le serie che meglio ci aiutano a riflettere sul mon­do contemporaneo, popolata com’è da misteri insoluti

Con grande trepidazione è ripartito Lost, giunto in­tanto alla quinta stagione (Fox, canale 110 di Sky, ore 22.05). Firmato da Damon Lindelof, Carl­ton Cuse e dal grande J.J. Abrams, Lost è una del­le serie che meglio ci aiutano a riflettere sul mon­do contemporaneo, popolata com’è da misteri insoluti: viag­gi nel tempo, tempo circolare, cospirazioni, fenomeni inspie­gabili, lotta per la sopravvivenza, sfida fra Fede e Ragione.

A Lost ha dedicato un prezio­so libro Simone Regazzoni, con­sigliabile a tutti coloro che non vogliono fermarsi alla superfi­cie delle cose: La filosofia di Lost, Ponte alle Grazie editore, 2009. Scrive Regazzoni: «La na­tura filosofica di Lost non si esaurisce nel gioco dei nomi di famosi filosofi attribuiti ai per­sonaggi (Locke, Rousseau, Hu­me, Bentham) o in quello di qualche filosofo esplicitamente citato (Nietzsche)... Piuttosto occorre dire che la filosofia la­vora al cuore di tenebra di Lost nella forma di una serie di que­stioni fondamentali: Che cos’è un'isola? Che cosa significa so­pravvivere? Esiste il mondo esterno o è una mera illusione? Che cos’è la verità? Che cosa si­gnifica con-vivere? Qual è il rapporto fra fiction e real life?». Il libro parte dal presupposto che il volo 815 dell’Oceanic, co­me ogni altra grande narrazio­ne, vada oltre le intenzioni ini­ziali dei suoi autori e accenda nell’interpretazione il desiderio di sapere, scoprire, trovare. Lost è una ricerca di verità sot­to forma di racconto e di enig­ma perché «la verità si nutre di finzione».

La qualità più bella di questa riflessione è che na­sce da una profonda conoscenza di Lost e dei suoi episodi, dal piacere della visione, dall’analisi della sua scrittura. È la prima volta, ad esempio, che in tv il flashback viene usato in senso metafisico, come se la concretezza del presente fosse un’astrazione lungamente elaborata prima di noi e da noi: ogni immagine diventa così un miraggio, l’attesa di un desti­no. Anche la finzione si nutre di verità.

Aldo Grasso – corriere.it – 08/04/2009

Nessun commento: