"La violenza spietata dilagante in tante pagine di questo libro, che a
suo tempo diede esca a infinite dissertazioni moralistiche nelle aule
dei tribunali di tutto il mondo, descrive fedelmente una delle aree più
miserabili di New York, il mondo in cui Selby visse per tanti anni. Ma
si annuncia un malessere nel quale l'intero Occidente si scopriva
invischiato agli albori degli anni sessanta. La "terra desolata" di
Selby è descritta realisticamente, col coraggio di chi non vuole
distogliere lo sguardo dall'orrore, ma è anche appassionatamente
denunciata per la sua assoluta "mancanza di amore" (secondo una
definizione dell'autore spesso citata). Superato lo choc originario,
oggi i travestiti, i drogati, i teppisti, che "Ultima fermata a
Brooklyn" aveva rappresentato, si impongono come personaggi emblematici
di un certo momento storico che sarebbe fatuo giudicare superato: e ciò
non solo perché la loro progenie si è moltiplicata, ma soprattutto
perché in essi riconosciamo le vittime di un meccanismo sociale che
ciecamente continua a lavorare, attraverso la violenza, per la messa a
morte del capro espiatorio".
Nessun commento:
Posta un commento